lunedì 15 novembre 2010

Outside is America

Ultima serata a Los Angeles con tutta la stanchezza che ti arriva di colpo sulle spalle dopo aver lasciato tutta l'adrenalina per strada. Solitamente in questi momenti ci si chiede cosa si e' imparato dal viaggio e da questa esperienza, ma in questo caso e' difficile raccogliere tutto in una sola volta e riuscire a esprimere un sentimento che coinvolga ogni momento.
Ci sono stati davvero pochissimi momenti brutti in questo viaggio e sinceramente fatico anche a ricordarli. A questo punto possiamo anche svelare alcuni retroscena che non abbiamo comunicato prima per non impensierire inutilmente i familiari a casa. Ebbene si', nonostante l'estrema cautela e attenzione alla guida di Michele durante tutto il viaggio (e qui vi prego di fare una standing ovation al ragazzo che ha sempre rispettato i limiti di velocita' anche nei momenti in cui era chiaro che in America in pochi se ne curassero) in Kansas (amatissimo) siamo stati fermati dalla polizia all'interno della piccola cittadina di Topeka (che e' pure capitale del Kansas). Niente di grave, strada a due corsie a senso unico. Noi credavamo che forse a doppio senso e abbiamo svoltato a sinistra dalla corsia di destra. L'agente ci ferma, vede la targa dello stato di New York, e si avvicina al finestrino di Michele con la pila. Dopo qualche secondo capiamo che vuole che glielo abbassiamo pure. Dopo aver capito che oltre che a provenire da New York, eravamo tre italiani quasi si mette a sorridere e dopo aver controllato patente e carta di circolazione ci lascia andare con una educazione e una gentilezza che raramente si avverte dalla nostra polizia locale.
Questo aneddoto un po' rispecchia anche la generale predisposizione che gli americani hanno comunque sempre mostrato nei nostri confronti. Ogni passante o persona conosciuta nei vari locali ha sempre dimostrato una piacevole curiosita' e si son sempre rivelati molto disponibili.  E' stato molto divertente constatare piu' di una volta che qualche americano ci abbia chiesto che lingua parlavamo (saentento evidentemente il dialetto) e molto spesso rimanevano stupiti nel sapere che non eravamo francesi ma italiani. Pure il giapponese al Grand Canyon ci ha chiesto se lo eravamo, ma noi i piedi ce li laviamo!
Molto divertente e' stato anche l-incontro con alcuni ragazzi neri di Venice Beach che ci volevano vendere delle loro demo hip-hop. La strana coincidenza di trovare 3 italiani a Venice Beach City che provengono dalla "City Beah near Venice" li ha incuriositi parecchio ("oh-yo maaaan, that's great amigo").
Ci sno piaciuti tutti i colori dell'America. Da quelli della natura che cambiava miglio dopo miglio, che quelli delle persone che abbiamo incontrato. I latini che ogni tanto ti dicono "I know some words in italian man!". Quando gli chiedi se son parolacce rispondono "Yeah, it is". I nativi, che nella loro immensa serieta', in quei pochi sorrisi che non sai se nascondano ancora amarezza o tristezza, o se sia un modo di essere. Non allegri come gli americani colonizzatori, ma sempre disponibili anche loro e con quel profondo senso di fratellanza che in qualche modo percepisci quando parlano nella lingua nativa. Belli i colori dei palazzi di Manatthan e Chicago, tanto quanto quelli dei bizzarri centri di ristoro nei piccoli paesini tra le grandi pianure e il Colorado.
Colorado. posto incantevole, con un nome azzeccatissimo. Ma anche L'Arizona con il suo colore rosso e le sue rocce (anche se maledizione i CATUS DOVE CAVOLO SONO!!!), La California con le sue ricche colline e spiagge e il giallo dei campi dell'Iowa per non parlare dei colori autunnali del New Jersey.
Tante cose rimarranno dopo questo viaggio, molti ricordi che ognuno di noi ha collezionato alla sua maniera soddisfacendo le attese di tutti noi. Per tutte quelle cose che non sono scritte sul blog, ovviamente ce le diremo di persona tra qualche giorno.
Magari da Alan, come al solito.

Outside it's America

1 commento:

  1. e il sig. natante provvederà a ripeterle ancora e ancora e ancora.

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